Grazie Erasmo, con illimitata riconoscenza

Dopo tante lotte, il grande cuore di Erasmo Recami non batte più.

 

Ieri pomeriggio mi aveva scritto le sue ultime e-mails dal Brasile, dove risiedeva con la moglie Marisa. Aveva visto che era uscito sugli arXiv un mio articolo di storia della fisica, e subito me ne aveva direttamente chiesto copia, anche se non rientrava nei suoi interessi “diretti”. Dopo qualche ora, dopo averlo letto (nonostante la sua lunghezza), ancora mi scriveva per esprimermi la sua soddisfazione. Lo stesso faceva con articoli di didattica, di ricerca in fisica teorica, e con tutto. Erasmo era fatto così. Quest’ultimo episodio, tra i tanti, rende ben evidente che, se anche io adesso ho diversi interessi, lo devo a lui. E lo devono a lui tanti altri suoi “studenti”, incluso qualcuno che pure ci ha già lasciato. Penso a Giovanni Salesi, che si prodigava come un figlio verso il padre, più che come un collaboratore verso il “professore”: Erasmo riusciva così con tanti di quelli che gli stavano accanto, anche con quelli “a distanza” come me.

Il suo grande cuore, però, non era affatto aperto solo ai suoi collaboratori, ma veramente a tutti. A partire dai suoi cari, di cui me ne parlava sempre con delicatezza e affetto (e quanto è bello per me ricordare quei momenti di incontro con loro!). A terminare con gli “sconosciuti”: ultimamente era stato inserito “d’ufficio” (insieme con me e tanti altri) in una mailing list di “majoranologi” e, senza mai perdere la pazienza, spesso rispondeva – sempre con estremo garbo – a questioni poste anche molto fantasiosamente, tentando di riportare gli interlocutori sul terreno dei fatti.

In tutto il mondo, il nome di Erasmo è certamente associato a quello di Ettore Majorana, perché se oggi sappiamo cose precise e circostanziate sul grande fisico catanese e sulla sua scomparsa lo dobbiamo a lui, alle sue ricerche e alla sua passione. E qui, il suo garbo naturale era a volte portato a dividere il terreno con la fermezza di chi sentiva il dovere di difendere la memoria di Majorana, contro speculazioni più o meno gratuite. Quanta pena nel constatare che la sua inscalfibile apertura verso gli altri, la condivisione del materiale in suo possesso e dell’intero mondo delle sue conoscenze acquisite, non sempre veniva corrisposta in modo degno! E quanti studiosi possono vantare di avere un “archivio Recami” con tutto quanto lui metteva a disposizione, a volte anche riguardante materiale confidenziale!

La sua condivisione non era, tuttavia, limitata agli studi su Majorana. Io stesso ho imparato – per esempio – sui tachioni da lui: prima che lui mi “istruisse” ero convinto che occorresse trovare dei buoni motivi per la loro esistenza, dopo mi convinsi che occorresse trovare dei buoni motivi per la loro non-esistenza. Sempre da lui ho imparato dell’effetto tunnel fotonico e delle osservazioni delle velocità superluminali, e i miei lavori in tale campo pure a lui sono dovuti; per l’ispirazione, ma anche per il costante incoraggiamento. Incoraggiamento che non aveva confini, per me come per altri, sui diversi lavori scientifici, poi storici, poi infine organizzativi.

Se mi sono avvicinato alla SISFA, infatti, parimenti lo devo direttamente al suo coinvolgimento: che bel ricordo che ho di quella prima volta ad una riunione PRIN a Bologna in cui mi chiese di rappresentarlo! Anzi, meglio: di rappresentare il nostro lavoro sui “Volumetti” di Majorana. Lui metteva sempre al centro il lavoro compiuto, mai la sua persona. D’altra parte, è cosa nota che la firma di Erasmo è la prima che compare nello Statuto tra i fondatori della attuale Società Italiana degli Storici della Fisica e dell’Astronomia. E quando glielo ricordavamo, con il suo solito stile si schermiva dicendo che era un caso che lui si trovasse dal notaio a Milano quel dì del 1999…

La sua preparazione, al pari dei suoi interessi, non aveva ugualmente confini. Era un piacere conversare di letteratura con lui: gli Amici di Leonardo Sciascia lo avranno ben compreso, se lo hanno perfino eletto presidente della loro Associazione (dopo Gesualdo Bufalino, Giancarlo Vigorelli, e altri). Io lo compresi quando, una volta che andai a Bergamo a lavorare con lui, mi invitò a teatro a vedere una rappresentazione di Dario Fo: mi si aprì letteralmente un mondo che non conoscevo. Era un piacere conversare con lui di storia, di cui era gran conoscitore; come anche di fossili o di archeologia, quando mi raccontava dei suoi studi, degni di comparire sulle riviste specializzate, e mi mostrava la sua “collezione” privata. Ed era avvincente ascoltare il racconto delle peripezie che affrontò riguardo il reperimento e il trasporto – dalla Sicilia alla Lombardia – di questa sua “collezione”: lo ricorderanno bene i testimoni diretti di tali peripezie, qualcuno ancora tra noi.

Mi perdoneranno i cortesi lettori – ora me ne sto accorgendo – dei ricordi personali su cui mi sto dilungando. Non sono capace come lui di indietreggiare, ma mi risulta impossibile parlare di Erasmo non in prima persona, tanto lui era capace di permeare non in maniera generica, riempendo di contenuti, la persona del proprio interlocutore. Quanti studenti – di fisica, di ingegneria, dell’accademia, ecc. – gli hanno voluto bene e ancora lo ricordano con tanto affetto a distanza di anni! Più di una volta ho constatato con ammirazione che, diventati anche personaggi di rilievo nel mondo del lavoro, civile o altro, i suoi ex-studenti non mancavano di manifestargli la loro gratitudine. Avevano avuto la fortuna di vedere un grande maestro all’opera, e di essere loro la sua opera ben riuscita.

E qui, un ultimo ricordo personale mi sarà perdonato. In una delle mie visite di lavoro alla Facoltà di Ingegneria a Dalmine mi recai con due miei studenti, i quali gli chiesero (dopo che Erasmo si era interessato al loro lavoro come a lavoro di premi Nobel) di spiegargli alcune cose di relatività, incluso il paradosso dei gemelli. Fu l’unica occasione che ebbi di vederlo al lavoro come maestro, dei miei studenti certamente, ma anche mio, perché fu lì che devo riconoscere di aver veramente imparato il significato del paradosso dei gemelli… Me ne resi conto subito, sembrando proprio che stesse facendo una lezione a me, che quei diagrammi di Minkowski che usava li conoscevo. Quando, in privato con i miei studenti, pensai bene di dover rendere più accessibile a loro la spiegazione, la pronta risposta di quegli adolescenti fu illuminante: “professore, non occorre: abbiamo capito tutto”. Ed era vero, come me ne sincerai incredulo… I suoi incontri e la sua amicizia con Piero Caldirola, con E.C.G. Sudarshan, e con tanti altri che hanno fatto la fisica del Novecento, aveva evidentemente lasciato un segno indelebile. E tale è stato il segno che ha lasciato anche in me e in tanti altri.

Questo era Erasmo. Non pensavo proprio di doverne parlare al passato.

“Grazie per le cose che sai e scrivi”: sono state le ultime parole che mi hai scritto.
Grazie a te Erasmo, con illimitata riconoscenza.

 

Napoli, 14 luglio 2021

 

Salvatore Esposito

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